Le proposte di Renzi

Tra velleitarismo e voglia di bluffare

di Saverio Collura

"Più riforme meno tasse. Se le riforme vanno avanti, siamo in grado di ridurre le tasse per 50 miliardi di euro". Questi sono i due slogan ripetuti ininterrottamente su tutti i mass-media nazionali dal presidente del consiglio in questi ultimi due giorni, dopo l'assemblea nazionale del PD di Milano. Se i due enunciati sottintendono una seria e rigorosa analisi dei problemi dell'Italia, allora diciamo subito che noi concordiamo (forse ormai da qualche anno, prima della "recente folgorazione" di Renzi) pienamente e perfettamente con questa riflessione. Già in precedenza non abbiamo avuto, infatti, esitazione ad affermare che concordavamo con le considerazioni svolte dal premier qualche mese dopo il suo insediamento a Palazzo Chigi, quando indicava le cause che sono alla base della grave crisi che attanaglia l'Italia. Abbiamo, poi, dovuto constatare che l'efficacia dell'analisi non ha prodotto una azione di governo coerente e conseguente: da ciò la puntuale e documentata critica al governo svolta nel corso del recente 47º congresso nazionale del Pri . Oggi, con il suo intervento Renzi indica una prospettiva di sicura efficacia, che noi abbiamo già elaborato in modo puntuale, e fatta approvare attraverso la mozione conclusiva dalla recente assise politica nazionale repubblicana. La questione con la quale misurarsi è pertanto: l'enunciato del premier si trasformerà in atti efficaci di governo? I suoi 50 miliardi di euro in tre anni, come ed in che cosa si concretizzeranno? La nostra proposta, del tutto analoga (la segreteria tecnica di Renzi chiese a suo tempo copia della relazione congressuale) ma formulata ormai da molti mesi, si articola in un piano di interventi congiunturali straordinari di 50 miliardi di euro, da svolgere in un triennio, ed in contemporanea all'attuazione di un organico ed efficace piano di riforme di struttura (non le inutili proposte attualmente all'attenzione del Parlamento) con la peculiarità che indicammo nello slogan "Simul stabunt aut simul cadent). E’ evidente che non penso di parlare ora della proposta repubblicana: è tutto già definito in modo dettagliato nei documenti ufficiali del Pri. Cercherò invece di analizzare, sulla base delle poche informazioni ufficiali disponibili, la portata concreta dell'iniziativa governativa; diciamo subito che la caratteristica più immediata ed evidente è data dall'ampio margine di ambiguità ed aleatorietà che caratterizza i proponimenti del presidente del consiglio. Infatti annuncia che intende eliminare la tassa sulla prima casa (sembrerebbe che voglia riferirsi ad IMU e TASI): ottimo proponimento. Solo che la cancellazione dell’IMU è stata deliberata nel 2013 dal governo Letta, e nel 2014 dallo stesso governo Renzi. Si tratterebbe allora nel 2015 di confermare tale decisione, ormai ampiamente consolidata ed acquisita nel convincimento dei cittadini italiani. Non saprei proprio come potrebbe reggere un governo che pensasse, al contrario, di riproporre con la prossima legge di stabilità di nuovo l’IMU sulla prima casa. Allora sembrerebbe che il fatto nuovo sarebbe rappresentato dall'abolizione della TASI (circa 3,5 MLD. di euro): ottimo proponimento anche in questo caso. Ma ci sembra di ricordare (si fa per dire), che proprio nel recente mese di giugno il ministro Padoan ebbe a dichiarare ufficialmente che era allo studio del governo un provvedimento per "rivisitare" globalmente la questione della TASI, e la sua sostituzione con una imposta ancora non meglio precisata "Local tax”. Il discorso di Renzi mette forse una pietra tombale su tale percorso innovativo? O siamo in presenza di un comportamento a dir poco schizofrenico del governo nazionale? Senza trascurare che la TASI è una tassa di competenza Comunale, e quindi nella prospettiva del federalismo fiscale.
Ma c'è ancora una questione aperta, estremamente pregnante ed urgente, che attende soluzione da parte del governo: riguarda la necessità di reperire finanziamenti tali da impedire che scatti la mannaia della clausola di salvaguardia, attivata per finanziare provvedimenti legislativi vigenti e che non hanno avuto a suo tempo l'adeguata pluriennale copertura finanziaria. Come si dice in gergo ed in modo brutale ma efficaci a Roma: "bisogna coprire i buffi fatti da Letta e da Renzi”, proprio quando deliberarono l'abolizione dell’IMU; e successivamente quelli di Renzi per poter elargire i famosi 80 euro mensili.
Si tratta in soldoni di oltre 16 miliardi di euro: 12,8 attribuibili a Renzi, e 3,3 a Letta. Nel 2017 tale fabbisogno si attesterebbe a 25,5 miliardi, e nel 2018 al 28,3 miliardi. Allora la domanda semplice da porsi e se nei 50 miliardi indicati da Renzi sono o meno comprese queste cifre, oppure se esse sono da ritenersi aggiuntive. Non è un quesito di poco conto; anzi ha una rilevanza strategica notevole, se si tiene presente che ogni anno il nostro debito sovrano deve essere rinnovato per circa 150-200 miliardi di euro. I mercati finanziari per coprire questo fabbisogno devono "poter credere" che saremo in grado di pagare loro l'attuale livello dei tassi di interesse (mediamente circa il 2,2% annuo), e potremo restituire il capitale qualora il creditore ritenesse opportuno richiederne il rimborso. Se dovesse venir meno tale convincimento, allora la questione, stante l'elevato livello del debito, diventerebbe veramente a dir poco problematica. Come andiamo dicendo da un po' di tempo, dopo la Grecia la frontiera del rischio passa per l'Italia. Per neutralizzare, o quantomeno ridurre questo pericolo, è necessario ed indispensabile che i mercati finanziari, e la BCE considerino credibili gli impegni e gli obiettivi del governo italiano.

Roma, 20 Luglio 2015